venerdì 17 aprile 2009

Disseppellire Dio...


L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. Forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. (Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, pp. 169-170).
Le parole di questo bellissimo testo tratto dal Diario di Etty Hillesum, una giovane ebrea morta a soli 27 anni nel campo di concentramento di Auschwitz mi sono tornate alla mente mentre in TV scorrevano le immagini del recupero di un Crocifisso ligneo con le braccia mutilate e il volto sfregiato dai segni di questa rinnovata Passione, dalle macerie del terremoto che ha ferito profondamente la terra d’Abruzzo e la sua splendida gente.


In questa settimana santa Gesù, Verbo incarnato, continua a farsi carne mostrando il Suo volto nell’esistenza devastata di tanta gente che in un istante ha perso tutto: casa, beni, affetti, progetti, sogni … Mio Dio, dove sei? Il silenzio interrotto dai boati delle scosse che si susseguono senza fine sembrano l’unica risposta. Dio non c’è.
Ma quel Cristo disseppellito improvvisamente sembra farsi risposta.
Sotto le macerie c’è anche Lui, compagno della passione e morte di tanti fratelli, davanti a questo scenario di devastazione c’è Lui, Padre tenerissimo che piange la morte di tanti figli e si fa lacrima sul volto di padri e madri …
In quel Cristo liberato da cumuli di macerie c’è qualcosa di più di una solidarietà nella sofferenza dell’uomo. Qualcosa trasfigura quello scenario di morte in una vera e propria icona della Resurrezione: è la delicatezza con la quale i soccorritori tengono nelle loro mani quel corpo scolpito, come fosse un corpo di carne che affida alle mani di uomini la speranza che non si spenga il suo flebile alito di vita.
Davanti a tragedie come questa, e alle innumerevoli scosse che devastano dalle fondamenta l’esistenza di tanti in ogni parte del mondo, l’Onnipotenza assopita di Dio, umile corpo consegnato ad una morte infame, sembra seppellire le nostre speranze in un sepolcro buio sigillato da pesanti massi. Eppure nell’icona del Cristo liberato dalle macerie c’è l’icona dell’amore in grado di salvare Dio facendolo riemergere dalle macerie dei nostri cuori. Lo disseppelisce dai deliri di onnipotenza costruiti su fondamenta fragili (Potere, Ricchezza, Successo, Superbia, Egocentrismo…), affinché sia Lui a salvarci dall’annientamento e strappi alla morte l’ultima Parola. Perché solo Lui è il Signore della vita e può restituirci ad una vita senza lacrime che non avrà mai fine.
“Ho spezzato il mio corpo come se fosse pane e l’ho distribuito agli uomini. […] Erano così affamati, da tanto tempo. Si potrebbe essere un balsamo per molte ferite». Chiude con queste parole il suo diario la giovane Etty.
La presenza com-passionevole, la solidarietà generosa di molte persone e la possibilità di stringersi insieme per condividere il proprio dolore è la scavatrice in grado di disseppellire Dio nei nostri cuori.
Diventiamo così anche noi, gli uni per gli altri, balsamo per molte ferite, pane spezzato in grado di lenire i morsi di una fame d’Amore che invita tutti ad un’unica mensa, ricchi e poveri, sani e malati, deboli e potenti…
Come OPAM non apriremo una nostra sottoscrizione autonoma per raccogliere fondi o materiale, ma invitiamo i nostri amici a contribuire generosamente e secondo le proprie possibilità solo attraverso i canali istituzionali predisposti.
E non dimentichiamo che accanto alla solidarietà degli aiuti materiali c’è la solidarietà quotidiana del cuore, che fa posto al bisognoso e allo smarrito… E c’è la solidarietà orante, che arriva là dove le sofferenze sono più profonde e nessun soccorso umano può arrivare, fino a tentare di disseppellire il Dio sepolto sotto le macerie di vite distrutte da una inconsolabile disperazione.




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