venerdì 21 maggio 2010

Per crescere nell'amore

Maggio mi riporta inevitabilmente ai ricordi dell’infanzia, quando l’aria tiepida della primavera profumava di rose, l’erba cresceva rigogliosa nei prati e le campane ci chiamavano tutte le sere per il rosario, l’omaggio a Maria la madre di tutti, nel cui nome si sentivamo più protetti e amati. Poi è stata inventata la festa della mamma, l’8 maggio, per ricordare tutte le nostre madri a cui dobbiamo riconoscenza per il dono della vita. Per tutto questo maggio mi è sempre parso il mese più bello, ricco di speranza e di affetti.

Andando avanti negli anni mi sono reso conto presto però che non dovunque e non per tutti è così.
Sto leggendo un libro che l’autore mi ha regalato. Si intitola “In strada”, chi l’ha scritto è P. Renato Chiera, prete fidei donum di Mondovì, il quale da oltre 30 anni si spende in Brasile
  per i “meninos de rua”, cioè i ragazzi di strada, nelle immense favelas di Nova Iguaçu. P. Renato, insieme a tante altre persone che hanno fatto della loro vita un dono per i poveri, è il portavoce di un’immane tragedia dei nostri tempi, quella dei bambini e dei giovani che soffrono per l’abbandono e la violenza degli adulti, in particolare perché senza padri e senza madri. Scrive:“Mai l’umanità ha trattato così male i suoi figli come adesso: bambini che soffrono nell’anima per la perdita di valori, mancanza del senso della vita e soprattutto assenza di amore”. I ragazzi di strada sono un popolo in crescita, dovunque. Forse più di 100 milioni, secondo i dati dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), sintomo e conseguenza di una società profondamente malata, il cui male si riduce alla mancanza d’amore di padri e madri, che non sanno più cosa significhi questa parola, perché forse a loro volta non sono stati amati…

Leggo una carrellata di nomi e di storie, agghiaccianti:
- “Dormiva nel cimitero, in mezzo alle tombe o nella cappella nei giorni di pioggia. Per questo lo chiamavano ‘Cimitero’.”Non hai paura dei morti?” gli domandavo. “No, ho paura dei vivi. Ero nella strada e un uomo mi voleva violentare. I morti non fanno male a nessuno”.
- Neguinho: l’ho trovato sulla strada di Miguel Couto abbracciato a un cane. Poiché il cane aveva freddo, si era tolto la camicia per riscaldarlo.
- Priscilla, 12 anni, aspetta un bambino: “Mio padre mi ha violentata e io non voglio tornare a casa”.
- Fernando, 7 anni, nella baracca della favela è rimasto tutta la notte abbracciato alla madre morta. Non scendeva ad avvisare per paura dei topi che si muovevano attorno a lui.
- Bruno e il fratello di 4 anni sono stati abbandonati dalla mamma nella stazione ferroviaria, con un cartello al collo: “Mi chiamo Bruno, ho 8 anni, non ho il certificato di nascita”. Dentro lo zainetto troviamo una lettera: “Io non ho nulla da darvi da mangiare. Non ce la faccio più a sentirvi piangere perché avete fame! Papà ci ha abbandonati. E io non ho lavoro. Spero che incontriate qualcuno che vi dia quello che io non posso darvi. Quando avrò un impiego verrò a riprendervi. Perdonatemi per quello che sto facendo. Sono disperata. Vi amo molto. Vostra mamma”.
- Cinque bambini sono stati uccisi sul pulman perché non avevano pochi spiccioli per pagare il biglietto. Sono stati fatti scendere ed eliminati freddamente.
- Una ragazzina ha rubato 20 reali (ca. 7 €) dagli incassi del traffico di droga. I trafficanti l’hanno uccisa, e alla madre che chiedeva: “Mia figlia vale solamente 20 reali?”, un capo rispose: “Noi uccidiamo per molto meno”.
- Tais era una bambina di 3 anni, picchiata dal patrigno, con la mamma consenziente. Quando piangeva le davano del peperoncino. E’ morta per le violenze. La mamma segue un culto afro-brasiliano. La stessa mamma e l’amico hanno portato il corpo in un’area di rifiuti e l’hanno bruciato. Poi la mamma ha denunciato alla polizia la sparizione della bambina, dicendo che si era smarrita sulla spiaggia di Muriqui.
- Una madre senza marito, troppo giovane per allevare il bebè da sola, ha tentato di soffocarlo mentre lo allattava, all’ospedale. E’ la disperazione di tante bambine madri. Abbiamo accolto la bimba. Il suo nome? Vittoria: la vita vince, malgrado tutto.
- Una piccola di 2 anni: la madre morta, il padre lavora e lascia i bambini da soli. Una cagna veniva ad allattarla durante il giorno”.
Leggo ancora che: “La violenza domestica è delle maggiori cause della fuga di adolescenti e bambini dalle loro case e del conseguente crescere dei ragazzi di strada. Che ogni ora muore un bambino per violenza subita tra le mura domestiche e che dei 18.000 casi quotidiani di violenza su bambini l’80% è fatta da famigliari stretti. Le aggressioni costituiscono la maggior causa di morte (64%) dei ragazzi tra i 5 e i 19 anni. E gli aggressori più frequenti sono i genitori, in particolare le mamme. Cosa sta succedendo? La povertà non spiega tutto”. E mi domando: Se le madri arrivano a tanto, c’è ancora speranza per il nostro mondo? Se chi ti dà la vita è la stessa che te la toglie, come può sopravvivere l’umanità?
Mi rendo conto che non bastano i programmi di sviluppo, se non c’è una guarigione del cuore…Forse dobbiamo imparare tutti cosa significa un cuore di padre e di madre. Forse dobbiamo, alla scuola della vita, reimparare questo mestiere, in tutti gli ambienti, scuola e chiesa comprese, a tutte le latitudini, perché anche nei nostri Paesi “sviluppati” i figli soffrono l’assenza di genitori troppo occupati a far soldi per rendere felici i loro figli, spesso trascurando l’unica cosa necessaria: che i figli hanno bisogno di loro prima che dei loro soldi.
Questo mese troverete su questo giornale diversi Progetti per i bambini di strada, degli slums, delle Case famiglia: bambini abbandonati, buttati via come cosa immonda e raccolti da cuori di madri e di padri.
Nel mese della mamma può sembrare duro parlare di queste cose.
Ma se vogliamo avere un futuro - come dice P. Renato- “deve ritornare di moda l’Amore”.
E anche maggio può diventare l’occasione per esercitarci in questa difficile arte, guardando forse anche ai modelli delle nostre mamme, che la memoria conserva con gratitudine nel cuore.
Don Aldo Martini

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