giovedì 28 aprile 2011

Non abbiate paura

Foto di Cristian Gennari

Scrivo queste righe alla vigilia della beatificazione di Giovanni Paolo II, quando la Chiesa e Roma in particolare si apprestano a rivivere un grande evento storico. Riandando con la memoria a quel 22 ottobre 1978, la cosa che più mi impressionò, nel discorso di inizio del pontificato di questo papa venuto “di lontano”, fu il suo grido:“Non abbiate paura. Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo scandito con una fermezza e una convinzione così profonda che mi commossero e mi impressionarono. Era, il suo, un autentico annuncio pasquale! “Non temete” è infatti l’invito più insistente che il Signore Risorto rivolge ai suoi discepoli e quindi oggi anche a noi che cerchiamo di seguirlo.
Tante sono le ragioni di aver paura: di carattere personale (il lavoro, la malattia, la solitudine, l’incertezza del domani), ma anche di carattere più generale (il momento storico che viviamo, gli scenari politici, sociali, economici così incerti), arrivando fino a toccare a volte i fondamenti stessi della fede e le ragioni del nostro vivere. Ma ancora più forti sono le ragioni del coraggio e della speranza.
Ho ricevuto per Pasqua una riflessione piena di sapienza e che si innesta su questo tema, da parte di un grande biblista, il P. Francesco Rossi de Gasperis, maestro e amico. Col suo permesso la condivido con voi.
“Non abbiamo paura se, come giustamente osserva Benedetto XVI, l’Occidente sembra mostrarsi stanco della fede cristiana e, annoiato della propria storia e cultura, non vuole più conoscere la fede in Gesù Cristo. La fede cristiana viene da Oriente e, proprio in questi giorni, folle di uomini, di donne e di bambini sbarcano in Europa provenendo dall’Africa e dall’Asia, così come un giorno folle di pagani giunsero a Gesù dalla Decapoli, e lo spinsero a moltiplicare una seconda volta pani e pesci, per sfamare la loro fame di lui (Mt 15,32-39; Mc 8,1-10). Incontratolo, essi si misero allora a lodare il Dio d’Israele (Mt 15,31). Che cosa sappiamo noi di ciò che il Signore del Settentrione e del Mezzogiorno, dell’Oriente e dell’Occidente, prepara per il suo popolo e per l’umanità, attraverso questi grandi movimenti migratori e attraverso le sollevazioni dei popoli arabi dell’Africa del nord e del Medio Oriente? Non è forse il modo stentato e freddo, con cui certi governi e popolazioni europee accolgono a denti stretti e a condizioni esose, o addirittura respingono, “profughi e clandestini” africani o asiatici, il segno che “la nostra evangelizzazione di europei – si tratti di cattolici o protestanti od ortodossi –, per quanto ricca di fede e di arte, non è stata forse, a suo tempo, (proprio per una sua miscela di arroganza nazionalistica e di complessi di superiorità culturale e politica) perfettamente fedele all’Evangelo di Gesù? Non è stata forse una causa di ciò l’assenza fino a oggi del contributo che i grandi popoli e le culture dell’Africa e dell’Asia sarebbero in grado di apportare a una completa ed equilibrata evangelizzazione della terra? Non dimentichiamo mai che la fede cristiana non si identifica né con l’Occidente o con l’Oriente, con il nord o con il sud dell’umanità, ma discende come dono gratuito da Dio, destinato a illuminare tutte le culture umane, senza peraltro identificarsi con nessuna di esse. Non abbiamo paura, abbiamo pace solamente in Gesù risorto. Nel mondo, lo constatiamo, a causa della nostra fede abbiamo tribolazioni – così è oggi in tanti paesi –, ma coraggio: Egli ha vinto il mondo! (cfr. Gv 16,33). E’ vero che oggi sull’Italia si distende la notte di una drammatica confusione delle coscienze e dei costumi, quando si chiama bene il male e male il bene, si cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, si cambia l’amaro in dolce e il dolce in amaro (cfr. Is 5,20). L’Italia è prigioniera, tra l’altro, di una vertiginosa decadenza culturale, promossa da una politica manifestamente ambigua, fatta di menzogne e di interessi di bassissima lega. La Chiesa, però, non va confusa con l’Italia. In essa risplende permanente la fiamma del Cero, acceso dal fuoco nuovo dello Spirito, nella notte della Vigilia pasquale. Seguiamolo con passo fermo e fiducioso, e riscaldiamoci alla sua luce. Tra le tenebre delle passioni più meschine e delle mondanità umane, noi avanziamo dietro il Cero, cantando l’Exultet glorioso della Risurrezione”.
Nel nostro quotidiano lavoro all’OPAM, intessuto di incontri e di esperienze provenienti da ogni parte del mondo, possiamo testimoniare quanta ricchezza di fede e di coraggio nutre la vita di tanti nostri fratelli e sorelle, poveri di beni materiali ma capaci a volte di gesti eroici, che ci fanno vergognare della nostra tiepidezza. Penso oggi in particolare ai 40 ragazzi del seminario di Buta in Burundi assassinati il 30 aprile 1997 per aver custodito l’unità e non aver denunciato i loro fratelli dell’altra etnia. Penso all’eroismo dei fratelli del Pakistan, dell’Iraq, dell’India che rischiano la vita per il nome di Cristo. Ma penso anche all’impegno di tanti uomini e donne sparsi ovunque che quotidianamente affrontano disagi e ostacoli di ogni genere per promuovere la giustizia, la verità, la pace, l’amore in un mondo spesso scettico e cinico. Ascoltando l’invito sempre attuale di Giovanni Paolo II, senza paura spalanchiamo le nostre porte alla novità dello Spirito, fonte di libertà, di coraggio e di speranza.
Don Aldo Martini

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